Postato il: 19-04-2008 @ 09:08 pm -- letto 2460 volte
Merlino era uno splendido merlo, con le ali nere nere e il becco giallo oro, che da tempo aveva scelto come propria dimora il grande parco che si apriva tra le case alla prima periferia della città. A buona ragione l’aveva scelto, insieme ad altri merli, gazze, passeri e tortore: lontano dal traffico, con alberi che svettavano al cielo, prati verdi e aiole fiorite, era un piccolo paradiso terrestre. La terra, dopo la pioggia o all’alba, quando la rugiada ancora inumidiva l’erba, offriva tanti lombrichi, cibo gustoso ed abbondante per Merlino.
Sfortunatamente gli uccelli non erano i soli a pensarla così: anche molti gatti avevano deciso di vivere nel grande parco, anche perché le buone signore delle case circostanti si ricordavano sempre di loro e delle loro esigenze.
Merlino non apprezzava molto i gatti: gli tornava sempre alla mente il fatto che esiste una catena alimentare in base alla quale il merlo mangia il verme e il gatto mangia il merlo; la prima parte gli andava bene (per che altro sono mai stati creati i vermi?), ma la seconda no. Non gli andava proprio il fatto di essere l’anello centrale della catena: si correva sempre il rischio di diventare l’anello… mancante!
Il suo peggior nemico era Felix, un gattaccio nero e bianco, ben pasciuto, con artigli da tigre, che dava la caccia agli uccelli solo per sport: non aveva certo fame, visto che tante signore lo ingozzavano di manicaretti. Merlino aveva imparato a stare in guardia e, quando lo vedeva nei paraggi, rimandava prudentemente il suo pranzo a dopo. Così ormai da tempo viveva quasi tranquillo.
Ma (c’è spesso un “ma” nella vita!) una mattina di maggio successe qualcosa di inaspettato…
Merlino, dato che Felix non era nelle immediate vicinanze, stava apprestandosi a far colazione con un succulento lombrico appena scovato, quando un ragazzaccio lo prese di mira con un sasso. In realtà lo colpì solo di striscio, ma Merlino rimase intontito, incapace di volare via… e in quel momento vide il gattaccio nero e bianco avvicinarsi.
Provò a muoversi, a cercare rifugio nel cespuglio poco distante, ma si accorse subito che non ce l’avrebbe fatta: la tigre stava per piombare su di lui con le unghie sguainate. Chiuse gli occhi e attese la morte.
“Ambrogio! Ambrogio! Torna subito qui!”.
Il massiccio bulldog, alla vista del gatto, aveva strappato il guinzaglio dalle mani del suo padrone e aveva incominciato a inseguire Felix con tutta la velocità che il suo notevole peso gli consentiva. Procedeva come un carro armato, ma a Merlino in quel momento apparve come un angelo sceso a salvarlo chissà da dove.
Senza attendere un secondo, senza darsi neanche il tempo di riflettere, Felix abbandonò l’idea della caccia al merlo, si trasformò da cacciatore a preda e si rifugiò su un albero, dove Ambrogio non l’avrebbe mai potuto raggiungere.
Giusto in tempo!
Merlino, che si era ripreso, volò via al sicuro; Ambrogio, raggiunto dal suo padrone, trotterellò a muso basso verso casa; Felix, sceso dall’albero, si diresse prudentemente dalla parte opposta…e il verme, dimenticato da Merlino, per una volta poté tornare a rintanarsi nella morbida terra.
Gli anelli della catena c’erano ancora tutti. La caccia sarebbe ricominciata un’altra volta.