Postato il: 16-09-2014 @ 10:25 am -- letto 1545 volte
LE MIE FERIE MULTIETNICHE
MILANO Agosto 2011
Era da tempo ,che mi proponevo una vacanza nel periodo di ferragosto per conoscere usi e costumi di alcune comunità etniche.Certo bisognava girare il mondo e spendere parecchi soldi, ma l’avvento del Dott.Pisapia mi ha fatto maturare un idea. Milano città multietnica mi offriva questa possibilità e posi in atto il mio programma. Ben accetto tra questi nostri nuovi ospiti e dopo l’avvento come Sindaco del sopra citato “”Primo cittadino” ho fatto visita a:
1° giorno.
Da Mirko , serbo croato di sessant’anni, che ha come residenza abusiva una baracca nei pressi di un campo nomadi in Milano ,lui e famiglia, composta da otto figli dove il maggiore è ancora minorenne, cinque cani e qualche gatto. Ospitalità al massimo, pranzo con carne alla griglia, buon vino (anche se certi principi religiosi non lo permetterebbero), il tutto evidentemente proveniente senza buoni acquisto da qualche ESSELUNGA.
Non mi sono trattenuto per la cena, perché avendo il Comune spostato i pali della corrente elettrica tutto si sarebbe svolto al lume di candela, e non essendo in un locale romantico sulle rive della Senna, le sorprese non potevano mancare.
2° giorno.
Da Ahmosè, egiziano, macellaio (in attesa di licenza)e padre di sei figli ,due mogli di cui una in Egitto con parte dei figli, ma rigorosamente iscritti a scuola.Abita in un quartiere alla periferia milanese e non accetta accampamenti abusivi.L’ospitabilità è stata accettabile, ma dover mangiare seduto su un tappeto e con le mani come loro usanza e per di più al calar del sole perche in periodo di Ramadan,mi ha creato non poche difficoltà;comunque è stata una bella esperienza,;unica nota dolente niente vino ma te verde, che ho deglutito ostentando sorrisi di piacere, ma vedendo nella mia immaginazione due piramidi, una palma e tre cammelli.
3° giorno
Da Hitang, cinese che più cinese non poteva essere, accampato in un mega magazzeno nel quartiere più famoso di Milano, tra balle di stoffa,vestiti per ogni stagione, articoli sportivi,vasellame pseudo orientale e una miriade di cianfrusaglia, rigorosamente contraffatta, come impone la regola da noi. Unico locale che serve da magazzeno,cucina e dormitorio, ma meno male che i servizi igienici sono in cortile.
Unico figlio nato in Cina,secondo le direttive del suo Paese, ma altri quattro nati in Italia secondo le direttive della Chiesa Cattolica.Qua il pranzo si è consumato, meno male seduti, ma niente posate e niente uso libero delle mani, ma rigorosamente con le tradizionali bacchette, che mi sentivo nell’usarle come un Pigmeo che doveva mangiare un piatto di spaghetti.Per le zuppe,a parte non ustionarsi nel tenere la ciotola tra le mani, molto gustose e composte da verdure non certo dell’orto dei pensionati.
4 giorno
Giornata libera e all’italiana, dopo un esperienza multietnica casalinga mi sentivo pervaso da una libertà di costumi di sapore anarchico, come la famiglia di Mirko, ascetica come quella di Ahmosè e trasgressiva come quella di Hitang. Inforcai la mia vecchia bicicletta e decisi di ossigenarmi ai giardini del Parco Sempione.Mentre mi avviavo con lenta pedalatata verso la meta, sentii il suono di un fischietto,pensai forse stanno giocando a calcetto in qualche oratorio e un secondo fischio mi fece pensare a ll’aggiudicazione di un calcio di rigore, ma quando sentii una voce che mi gridava” signore si fermi” capii che non era l’arbitro ma un ghisa. L’incontro di un “ghisa in Milano “ è come incontrare un pinguino in un deserto libico: ma il ghisa c’era davvero e mi fermai:Scusi mi disse, ma perché mentre va in bicicletta non mette le mani sul manubrio? Sa che potrei elevargli una contravvenzione?Ero più sorpreso che imbarazzato, ma mi rivolsi a Lui con molto garbo(indossa sempre una divisa e in Italia tessere e divise non sono da sopravvalutare) dissi: mi scusi ma con questa tranquillità di ferragosto in questa Milano sempre caotica sono tornato bambino. Vada, vada ma presti più attenzione, mi rispose.
Mentre pedalavo, ora ben aggrappato al manubrio, pensai :ma perché invece di perdere il tempo a far rispettare queste regole, non si preoccupa di come vive Mirko, della licenza di Ahamosè e della trasgressività di Hitang, che se prende fuoco il suo alloggio,il famoso incendio di San Francisco dell’altro secolo è solo un fuocherello da barbecue.
Anche questa è una storia milanese, raccontatavi da un ottuagenario, che conosceva Milano prima che la seconda guerra mondiale lo privasse della sua amata casa di Porta Venezia.
Tra realtà e fantasia è questa che ci fa sopravvivere.Un caro saluto.
Giovanni 1930